martedì 23 agosto 2022

Le lacrime non hanno colore di Edgardo Rossi

La frase non è mia l’ho letta su di un muro, una mano anonima l’ha scolpita lì, essa dice: “Ho visto piangere insieme un bimbo bianco e un bimbo nero, le lacrime avevano lo stesso colore”, quasi inutile risulta l’aggiunta posto al di sotto: “abbasso il razzismo”. Quella frase mi ha indotto una serie di considerazioni riguardo quello che per alcuni è il problema del nostro Paese e della nostra città la sicurezza, problema che spinge alcune forze politiche ad autoproclamarsi difensori dell’ordine, che le spinge a dare vita ad una sorta di vigilanza fai da te, nella incrollabile certezza che la sicurezza sia messa in discussione solo ed esclusivamente da una certa parte dei residenti nel territorio e che questa parte sia formata da extracomunitari irregolari. Trascuriamo il paradosso insito nella parola extracomunitario (ovvero coloro che non fanno parte della Comunità Europea e quindi buona parte dei cittadini del Mondo); trascuriamo anche il fatto che molti generalizzano e considerano un pericolo tutti coloro che non parlano italiano e hanno facce straniere; consideriamo che molti hanno paura solo perché le barriere le hanno nell’animo e nessun ragionamento logico le potrà rimuovere; aggiungiamo che molti mezzi di informazione creano la paura enfatizzando tutto ciò di illegale che proviene dai non italiani e che alcuni dell’italianità ne hanno fatto una bandiera con cui guadagnare proseliti e guadagni; pensiamo che di fronte a statistiche che ci dimostrano che di fatto il livello di delinquenza in Italia è stabile (anzi in leggera diminuzione) molti si ostinano a vedere pericoli dove pericoli non ce ne sono o ad ingigantirne la portata; e, forti di quanto affermato (e l’elenco potrebbe continuare) chiediamoci: da dove proviene questa rappresentazione della paura? Che è reale, è presente, è esagerata, che fa vivere male (perché chi ha paura vive male). E soprattutto chiediamoci: cosa fare per vivere più sereni? Non basterebbe smettere di avere paura?, non basterebbe guardare gli altri con fiducia, pensando che la maggior parte della gente (da dovunque provenga) ha gli stessi nostri sogni, le stesse nostre speranze, gli stessi nostri bisogni. Non solo le lacrime non hanno colore, anche gli uomini non hanno colore, quello che spesso vediamo è il colore che le nostre menti chiuse costruiscono, nient’altro. Siamo noi a vedere come un pericolo solo ciò che è diverso, a rappresentare come una minaccia quello che ci rifiutiamo di capire. Le autorità e i mezzi di informazione dovrebbero cercare di comunicare tolleranza, dovrebbero eliminare i ghetti che portano alla separazione e allo scontro, quei partiti che fanno della paura la loro bandiera dovrebbero pensare ai danni che stanno facendo a se stessi e ai loro figli. Se non impariamo la tolleranza oggi il seme della violenza germoglierà, tempo una o due generazioni e gli scontri diventeranno terribili e la guerra già in atto sarà senza fine. D’altronde niente di nuovo, è l’eterna lotta tra l’amore e l’egoismo che continuerà ad esistere finché ci saranno i confini della mente che portano sempre a dividere mai a condividere, uomini e donne, bianchi e neri, giovani e vecchi, ricchi e poveri, e così via sempre come categorie contrapposte e mai come parti diverse di uno stesso progetto. Se siamo davvero animali pensanti dovremmo fermarci a riflettere sulle nostre scelte o è forse vera quell’affermazione che asserisce che la cosa più presente nell’Universo è la stupidità umana? Allora ogni mio stupore cesserebbe, è risaputo che gli stupidi sono coloro che fanno il proprio male e quello degli altri. Io però credo che la maggior parte degli uomini sia solo confusa e che esistano enormi spazi di crescita, l’importante è partire insieme il prima possibile.

martedì 26 luglio 2022

Ulisse Odissea

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venerdì 15 aprile 2022

La Pandemia raccontata da due libri Pan e Spillover

PAN Romanzo di Federico Audisio di Somma Edito da SEM / Spillover Saggio di David Quammen Adelphi La Pandemia raccontata da due libri Pan e Spillover Ci sono strane, ma non casuali, combinazioni che possono unire i percorsi di due libri nati e scritti in luoghi e momenti diversi. Sono occasioni determinate da eventi che possono essere narrati e studiati in modi differenti, ma che hanno in comune la stessa storia. I due libri sono un romanzo (PAN) e un saggio (Spillover) scritti: da un medico che ama il genere narrativo - perché più libero e meno dogmatico dei libri di ricerca (ma questo non vuol dire che i romanzi siano privi di realtà oggettive, la fantasia non nega il fatto reale lo amplifica, lo rende più avvicinabile, la creatività coglie l’oggetto in un attimo e poi percorre la strada del racconto) e da un saggista e divulgatore scientifico - ma la ricerca sul campo, verificando i fatti e analizzandoli, non esclude l’uso di un linguaggio divulgativo e comprensibile (la lezione di Galileo Galilei è stata compresa da molti scienziati e divulgatori, purtroppo non ancora da tutti). Si potrebbe obiettare che si tratta di due generi differenti, che poco hanno in comune tra loro, e che i due autori appartengono a due ambiti che partano da visioni differenti. Leggendo i due libri (in tempi diversi, ma vicini l’uno all’altro – letti a distanza di poco più di un anno) non ho potuto fare a meno di notare che in realtà il loro percorso di scrittori e ricercatori è solo in apparenza diverso. Vero e verosimile non sono slegati tra loro, si completano usando sempre l’arte della comunicazione e entrambi nascono (quando raccontano o informano in modo pieno la conoscenza umana) dalla voglia di capire e stupire, dalla meraviglia che produce e dal desiderio di comunicare fatti verificati (analizzati o interpretati); non esiste tutta questa differenza tra la mente di chi inventa storie e quella di chi raccoglie dati per poi trasformarli in scritti scientifici o divulgativi. Federico Audisio di Somma – autore di Pan - è un medico (quindi in possesso di una formazione scientifica) e uno scrittore di romanzi, ma è anche un divulgatore letterario, uomo di profonda cultura, impegnato da anni nella ricerca di una comunicazione non solo tecnica ma anche emozionante, che sia capace di inventare i fatti, o meglio di trasformarli (verosimile e vero). Il primo che ho citato nell’introduzione di questo “invito” alla lettura (ha il merito di aver stimolato la mia voglia di comunicare, in una sorta di dialogo tra me e chi leggerà queste righe, le sensazioni che mi ha piacevolmente “creato”) è un romanzo dove il narratore delle vicende è il Dio Pan, il dio caprone, il satiro che simboleggia la forza cieca (in apparenza) della natura. Il secondo – Spillover - è un libro nato sul campo per opera del saggista e divulgatore scientifico statunitense David Quammen. Definito anche, dai mezzi di informazione, giornalista d'indagine. Quammen ha “costruito” il suo libro indagando di persona, andando e vivendo per oltre sei anni in varie parti del mondo per verificare i focolai di epidemie che si accendevano, focolai che potevano essere dei segnali di un qualcosa di molto grave che sarebbe inevitabilmente seguito. Nel suo libro egli anticipa che il non rispetto delle antiche foreste, delle “regole” che la Natura segue da sempre, violando e violentando l’ambiente in cui tutti gli esseri viventi abitano avrebbe portato al “famigerato Big Next One”, ovvero a un disastro senza precedenti. Chi aveva la mente attenta, antenne aperte e conoscenza scientifica, apprezzò subito quell’indagine anche se in molti erano propensi a credere che l’evento si sarebbe manifestato non prima del 2023 (c’erano quindi i tempi, seppure molto stretti, per provvedere ed evitare l’ennesima grave pandemia e sarebbe stato possibile farlo o, perlomeno, ridurne l’impatto). Altri invece (la maggioranza) di tanti presuntuosi opinionisti erano convinti che il “ricco” Occidente non sarebbe stato toccato da un attacco virale che riguardava solo i Paesi poveri”. Il libro è rimasto ignorato, o quasi, fino a quando, con l’arrivo, o meglio, la diffusione rapida in praticamente tutto il pianeta della pandemia di COVID-19, iniziata nei “Paesi ricchi” nei primi mesi del 2020, Spillover ha avuto un improvviso successo di vendite a quasi sei anni dalla sua pubblicazione e a almeno venti dai chiari segnali che Quammen aveva visto e documentato raccogliendo dati inequivocabili. Dalla sua ricerca risultava che la possibilità di una nuova e pericolosa pandemia era moto probabile e i danni che avrebbe prodotto sarebbero stati devastanti. Non solo: nelle pagine finali del libro l'autore cita studi, ricerche e pubblicazioni di scienziati, epidemiologi e ricercatori che indicavano i coronavirus tra i più pericolosi e “adatti” a effettuare il salto di specie e quindi in grado di scatenare una futura pandemia in grado di colpire la specie umana. I precedenti c’erano tutti, dalla SARS, ad altre epidemie che da tempo colpivano varie parti del mondo, la “famiglia dei coronavirus” si era già dimostrata molto attiva, data la capacità di entrare in contatto per via aerea con gli esseri viventi da infettare. Sarebbe bastato un casuale incontro, un contatto con animali affini e infetti e esseri umani, che in tempi di globalizzazione e di viaggi intercontinentali erano molto più facile da realizzare, e il contagio avrebbe avuto inizio. La nostra specie è quella che occupa praticamente tutte le aree del pianeta e ormai viaggia quasi incurante dei rischi che questo può comportare, la specie più impegnata a modificare l’ambiente. Virus innocui nel cuore dell’Africa o dell’Asia potevano diventare letali nel cuore di una grande metropoli, bastava l’occasione… Non casualmente, a pagina 389 di Spillover (edizione italiana), Quammen ci riporta una frase pronunciata durante una conferenza tenuta nel 1997 dall’infettivologo ed epidemiologo Donald S. Burke, in cui elencava e precisava i criteri che rendevano certi virus i più probabili candidati al ruolo di propagatori di epidemie: «Il primo criterio è il più ovvio, per la sua responsabilità nelle recenti pandemie umane». Il riferimento era agli orthomyxovirus (gruppo che comprende le influenze), ai retrovirus (tra cui gli HIV) e su altri ancora. «Il secondo criterio è la provata capacità di causare serie epidemie in popolazioni di animali non umani». Questo chiamava in causa ancora gli orthomyxovirus, ma anche i paramyxovirus, come Hendra e Nipah, e i coronavirus, come SARS-COV». Federico Audisio fornisce un’altra chiave di lettura, non così differente come può sembrare a lettori distratti, la fantasia non è distorsione della realtà è semplicemente un raccontare le vicende non escludendo lo stimolo all’interesse che esse determinano, perché la narrativa può prendersi qualche libertà in più. Anche Audisio, in quanto medico, conosce e ha studiato la scienza e conosce, per essere presente nelle cure, cosa sono i virus; ma sceglie l’apparente racconto verosimile per meglio spiegare il vero. Il modo diverso nel raccontare la pandemia ha numerosi punti di contatto, in PAN e Spillover, evidenze scientifiche e mitologia si mischiano, con due narrazioni solo apparentemente lontane. Il condominio di viale venti settembre, il mondo e l’umanità. L’apparente volontà della Natura (il dio Pan) che entra in gioco per punire, o la drammatica e realmente scientifica legge dal caso (ben sintetizzata nella frase che David usa per definire la pandemia o meglio le pandemie: «Tutte le malattie infettive sono in ultima analisi delle zoonosi». Ovvero determinate da un salto di specie (aggiungo io). Telmo Pievani, lo ha ben spiegato in un suo breve filmato, girato e divulgato da Il Bo, dell’Università di Padova, con una lezione (ipotesi, proposta) che provocatoriamente ha intitolato: “La Pandemia dal punto di vista del virus”. Di fatto sintetizzando la visione artistica e quella scientifica con un pensiero filosofico, di matrice humiana e leopardiana. Da Hume era nata la consapevolezza che non esistono certezze assolute (un fatto anche se non è mai avvenuto fino ad oggi, non significa che non avverrà mai). Giacomo Leopardi, con la sua chiara e illuminante visione consapevole della realtà (definita per molto tempo e per comodità di molti, pessimismo). La consapevolezza dovrebbe portare al ridimensionamento della presunzione, ma la nostra specie (salvo rare eccezioni) preferisce credere di essere il centro dell’universo, d’altronde per molti è più facile illudersi che ci siano dietro grandi complotti; dei vecchi e occulti poteri che mirano dominare il Mondo; piuttosto che accettare la realtà e modificare l’atteggiamento. O delegare la responsabilità ad alcuni e aspettare la salvezza per l’intervento di qualche divinità benevola, severa, ma disposta al perdono (con tutte le varianti del caso). Federico Audisio di Somma usa la scrittura per affascinare lettrici e lettori. David Quammen per informare partendo dall’analisi dei dati oggettivi riscontrati sul campo. Sono entrambi ricercatori, partono da una base analoga, usano due linguaggi differenti per ottenere lo stesso risultato. La storia dei loro scritti, la loro produzione scientifica e letteraria indica bene la strada che hanno percorso. Quammen cita i dati, le evidenze e gli studiosi, Audisio lascia la parola a Pan, figlio di Ermes, il dio signore dell’Universo selvaggio. Entrambi gli autori ci dicono che siamo noi esseri umani i responsabili di questa terribile pandemia che ora sta passando di moda perché troppi mezzi di informazioni si sono improvvisamente accorti di una guerra alle porte dell’Europa. Ora si parla di Ares, come se fino a poco fa regnasse solo la Pace, come se la distruzione in atto delle Natura fosse dovuta a forze misteriose. Nella quarta di copertina di Pan, Federico ci fa notare che «La situazione è talmente spropositata, che non si può attribuire a solo un virus vagante. Occorre una fantasia globale. La Terra desiderava uno stop». David ci ha avvisato, Federico ci propone di ragionare sul perché è avvenuto Entrambi ci dicono che “ovviamente” l’umanità cercherà di assolversi e di attribuire le colpe a fattori esterni o a presunte punizioni divine. Noi umani siamo sempre pronti a sottoporci a invocazioni e a geremiadi, ma dimentichiamo spesso e ci assolviamo con troppa facilità. INVITO A LEGGERE QUESTI DUE LIBRI, a leggerli entrambi (sapendo leggere), forse arriverà la risposta che molti non vogliono conoscere. Non è il fato il responsabile… Buona lettura, per chi vuol capire. Saper scegliere è una necessità che può determinare la fine o l’inizio di qualsiasi evento. Epitteto ha detto tanti secoli fa: «La realtà si divide in cose soggette al nostro potere e cose non soggette al nostro potere», frase su cui occorre meditare. Se tutti ci provassimo sarebbe già un buon inizio. Prof. Edgardo Rossi