sabato 6 novembre 2010

Epicuro e il “Quadrifarmaco”

Pubblico con piacerequesta originale relazione. Godetevela

Epicuro e il “Quadrifarmaco”
di Sabrina Sartori
L’inizio di ogni giornata, per ogni uomo è segnato dallo svegliarsi.
Anche per lui, del resto, era stato così.
Come tutte le mattine, aveva abbandonato il sonno leggero e aperto gli occhi.
Ogni nuovo giorno che si pone davanti alla nostra esistenza, ha la caratteristica di essere imprevedibile. Niente è veramente pianificato, niente è certo…non si può mai sapere cosa accadrà.
Infatti, quel giorno era destinato ad essere il corso di eventi più particolare da lui mai vissuto.

Era intento a passeggiare per la strada affollata della metropoli in cui viveva.
Non immaginava che era lì lì per fare un incontro molto particolare.
Una signora anziana, come il migliore dei luoghi comuni, era appena uscita dalla porta della Chiesa, evidentemente rattristata e con la preoccupazione che le solcava il volto.
Lui, mosso da una forza di cui egli stesso si sorprese, decise di capire qual era il grosso turbamento della signora. Non sapeva perché lo stava facendo…non era mai stato troppo solidale, troppo vicino alle persone che ne avevano bisogno, troppo preoccupato se a qualcuno andava storto qualcosa. Non si preoccupava molto se poteva dare un aiuto a qualcuno…non ci aveva mai dato troppo peso. D’altronde, la società d’oggi è basata sull’egoismo…e lui ci si era adattato molto bene.
Sentiva in lui, in quel momento, un qualcosa, che lo spingeva verso l’anziana signora.
Non aveva dovuto dire una parola, il solo avvicinarsi alla signora aveva provocato in lei un flusso di parole.
“Giovanotto, ricordati bene, la fede è la cosa più importante che abbiamo. È un valore prezioso, insito in ognuno di noi, da curare, coltivare, e rispettare…non mandare tutto al vento come ho fatto io!”
Nonostante l’esposizione della signora fosse indubbiamente arguta, egli non si trovava d’accordo, nonostante non si fosse mai preoccupato molto della sua posizione nei confronti della fede. Voleva capirne di più.
“Cosa ha fatto di così grave? Mi sembra che lei sia appena uscita da una Chiesa…insomma, non mi pare proprio lei non coltivi il valore che per lei è così importante”
“Tu non sai, ti stai basando su quello che hai visto ora, caro ragazzo. Sono dovuta andare a confessarmi perché mi sento terribilmente in colpa. Ho saltato varie settimane di Messa domenicale, ormai il percorso della mia vita non è più volto a seguire l’esempio evangelico…non riesco più neanche a rispettare il comandamento donato a noi da Cristo, amare il prossimo…come posso pensare di ricevere la Grazia di Dio una volta che la mia vita qui sarà finita? Non me la merito neanche più”.
Purtroppo, gli toccava ricredersi…sempre parlando per luoghi comuni, la signora che aveva davanti era la classica anziana timorata di Dio e con il problema di guadagnarsi la grazia eterna. La società era rappresentata ancora per una parte da questo tipo di persone, con credenze quasi medioevali.
“Signora, perché si deve rovinare il sereno vivere con questi problemi campati in aria? Dio, è perfetto. Dio, secondo lei, si interessa di quante volte va a Messa, di quante volte aiuta il prossimo, e via dicendo? Dio non se ne interessa è ad un altro piano.”
E così dicendo, si allontanò dall’anziana signora, che aveva lasciato con espressione stupita.
Egli si mise a pensare. Nonostante fosse un consiglio assolutamente soggettivo, e forse non applicabile dalla signora, aveva suggerito una “terapia” per il suo turbamento, cosa totalmente fuori dal suo normale agire di umano medio.
E anche questa volta, era stato mosso dalla forza che lo aveva spinto ad avvicinarsi alla signora.
Continuò a camminare, ancora pensieroso per quello che era appena successo.
Soprappensiero, non notò un ragazzino che stava correndo. Lo urtò e questo cadde per terra. Lo aiutò subito a rialzarsi e si accorse che stava piangendo disperato.
“è successo qualcosa?” pensando che fosse accaduto seriamente qualcosa di grave, si rivolse al ragazzino.
Il ragazzino di risposta fece la faccia capricciosa tipica della sua fascia di età. Poi cominciò a parlare “Ero a fare spese con mia madre, visto che mi aveva promesso che mi avrebbe comprato qualcosa. Ho visto l’ultimo modello di console, e visto che ce l’hanno tutti i miei amici, ho chiesto a mia madre se me lo comprava…ma lei mi ha detto di no, che mi potevo accontentare anche di qualcosa che costava di meno. Allora io mi sono arrabbiato e sono fuggito”.
Di certo, davanti a un capriccio di un ragazzino, egli poteva anche tacere e dire due o tre parole di convenzione. Ma di nuovo quella forza, fece sì che il consiglio, la “terapia” che era già stata per l’anziana signora, ora fosse relativa a un altro dei prototipi della società odierna, il bambino viziato che vuole sempre di più, influenzato dalla pressa dei media e dalle amicizie.
“Perché vuoi quella console?”chiese quindi lui.
“Perché mi piace, è l’ultimo modello, e almeno ci posso giocare con i miei amici” rispose il ragazzino.
“Ora dimmi, per giocare con i tuoi amici, non ti puoi accontentare di un parco e di un pallone?”
Nonostante fosse un “male” molto esiguo, anche per questo riuscì a trovare la terapia adatta.
E lasciò anche quel ragazzino, senza possibilità di replica, come aveva fatto con la signora.
Egli era ancora più stranito. Non era lui quell’uomo che ascoltava i “mali” delle persone, e suggeriva una terapia ad essa.
La giornata era già stata troppo particolare e satura di eventi che non possono definirsi casuali, o coincidenze…egli decise di avviarsi a casa. Si sentiva molto affaticato, decise di sedersi su una panchina del parco che stava attraversando, anche se era già occupata per metà da una bella ragazza, dall’aria serena, ma i quali occhi celavano un dispiacere.
Per la seconda volta, fu egli ad iniziare a parlare, a chiedere.
“Sembra che qualcosa ti turbi”.
La ragazza, fu inizialmente sorpresa dal suo intervento. Poi sorrise lievemente e cominciò a parlare “Vedi, quando ti diagnosticano un tumore, non puoi che essere turbato inizialmente”.
Egli lì per lì restò senza parole. Due “mali”, due problemi gli si erano già posti davanti oggi. Ma questo era nettamente più grave e serio. Forse non era il caso di dire nulla, data la giovane età della ragazza e il terribile male. Ma come ogni volta precedente, quella forza lo spinse a enunciare la sua “terapia”, la sua cura del “male”, anche se quello che stava per dire poteva apparire inopportuno viste le condizioni della ragazza. In quella giornata di incontri strani, la sua costante era stata dare queste terapie senza pensare alla condizioni di chi aveva davanti o alla sua operabilità, o se avesse riscosso successo nella coscienza comune, ma solo che lui sentiva che era la via giusta da seguire. Era la forza che lo aveva guidato in quella giornata che gli assicurava che era il giusto da dire. E neanche questa volta si sarebbe fermato.
“Posso capirti, cara ragazza, ma vedi non devi temere né il dolore fisico, né la morte. A seconda della sua intensità, può essere sopportabile o durare poco, quindi non crea un problema. E la morta, come potrai dedurre anche tu, non c’è quando noi ci siamo…e noi non ci siamo quando lei c’è. Quindi non è un problema che ci riguarda.”
Egli per la prima volta in quella giornata, diede diritto di replica.
La ragazza non parve sconcertata o disgustata da quello che aveva detto. Anzi, appariva serena.
“Sai, devo dire che è la miglior cosa che mi sia stata detta da quando l’ho scoperto. E ti devo dare ragione. Infatti, non sono minimamente impaurita da questa faccenda, la vivo con serenità”.
Egli fu contento che qualcuno raccogliesse le sue parole, anzi, la forza che lo spingeva a dirle. Perché aveva capito che si trattava di qualcosa di enorme importanza, che indicava una strada da seguire, una strada volta al raggiungimento della felicità.
“Posso sapere almeno il tuo nome?” disse la ragazza.
La forza misteriosa agì per un ultima volta, e forse dato anche il fatto che egli era ancora soprappensiero, una parola gli uscì dalla bocca spontanea, anche se non si trattava assolutamente del suo nome reale.
“Epicuro”.

















Nella storia, “lui”, rappresenta l’incarnazione del pensiero filosofico epicureista collocata nella società moderna, attraverso un personaggio che nel corso della giornata fa svariati incontri con tre diversi tipi di persone, dilaniati da quattro diversi tipi di problemi (la ragazza con il tumore ne rappresenta due).
Questi quattro “mali” fanno riferimento al “Quadrifarmaco” di Epicuro, che ha l’intento di liberare l’uomo dalle sue quattro paure fondamentali, proponendo una terapia adatta per ognuno.
Analizzando per prima la figura dell’anziana signora, questa rappresenta il primo male proposto nel “Quadrifarmaco”, ovvero la paura degli dei e della vita dopo la morte.
Per prima cosa Epicuro Affronta quindi la questione del male rispetto agli dei e procede per gradi:
Dio non vuole il male ma non può evitarlo (Dio risulterebbe buono ma impotente, non è possibile).
Dio può evitare il male ma non vuole (Dio risulterebbe cattivo, non è possibile).
Dio non può e non vuole evitare il male (Dio sarebbe cattivo e impotente, non è possibile).
Dio può e vuole; ma poiché il male esiste allora Dio esiste ma non si interessa dell'uomo. Questa è la conclusione che Epicuro considera vera: gli dèi sono indifferenti alle vicende umane e si chiudono nella loro perfezione.
È inoltre doveroso aggiungere che il motivo per cui Epicuro afferma che gli dèi si disinteressino dell'uomo è che essi, nella loro beatitudine e perfezione, non hanno bisogno di occuparsi degli uomini. Affermare che per gli dei sia necessario occuparsi di qualcosa, in questo caso degli uomini, significherebbe dare un limite al potere immenso degli dei, che, invece, non hanno bisogno di interessarsi della vita terrena.
Quindi la terapia, secondo il pensiero di Epicuro, è non vedere come problema gli dei e la vita dopo la morte, in quanto Gli dei sono perfetti quindi, per non contaminare la loro natura divina, non si interessano delle faccende degli uomini mortali e non impartiscono loro premi o castighi.
Il sapere che Epicuro ha accettato e che permette agli uomini di liberarsi dal giogo degli dei è la fisica atomistica di Democrito.
Questa teoria accetta l’esistenza del vuoto, permettendo così il movimento che l’Uno degli eleati impediva.
Nel vuoto esistono parti minutissime di materia non ulteriormente divisibili, indistruttibili e immutabili.
Gli atomi si differenziano tra loro in forma, ordine, posizione e grandezza. Proprio a causa di queste differenze si spiega la varietà degli aggregati atomici (i corpi) che conosciamo attraverso l’esperienza dei sensi.
Gli aggregati atomici si formano per effetto del movimento degli atomi che li porta ad urtarsi, ed, avendo forma e grandezze diverse si assemblano in infiniti modi dai quali risulta la molteplicità degli esseri naturali.
L’anima stessa è un aggregato di atomi particolarmente leggeri e sottili dotati di funzioni specializzate, che non può sopravvivere fuori dal corpo.
Essendo gli atomi infiniti vi saranno di conseguenza anche infiniti mondi (che Democrito considera aggregati atomici di massima grandezza) ed ognuno di questi mondi occupa una posizione centrale rispetto ad altri corpi più piccoli.
A quanto appreso da Democrito Epicuro aggiunge la teoria del Clinamen (inclinazione) secondo la quale la derivazione degli atomi dalla loro traiettoria permette l’urto tra gli atomi che determina la loro aggregazione in corpi via via più complessi: fino alla formazione dei mondi.
Nella fisica di Democrito non c’è niente di finalistico, i processi naturali sono puramente casuali e non controllati dagli dei.
Epicuro riteneva che gli uomini fossero immagine della divinità. Questa immagine sarebbe stata prodotta da flussi di atomi emanati dagli stessi dei.
Il secondo personaggio che interviene nella storia, il ragazzino viziato che vuole a tutti i costi il giocattolo che sua madre non vuole prendere, è in rappresentanza della mancanza del piacere.
È doveroso fare alcune considerazioni.
Secondo Epicuro la felicità è possibile solo se si assume come fine ultimo il piacere, non nei suoi aspetti sociali e psicologici ma in quelli strettamente naturali e fisiologici.
Il piacere diventa una soppressione del dolore che si ottiene soddisfacendo gli stimoli necessari, come la fame e la sete, ed eliminando gli stimoli che per loro natura non possono essere soddisfatti e, quindi, provocano delusione e dolore.
Infatti Epicuro distingue due fondamentali tipologie di piacere:
Il piacere catastematico (statico).
Il piacere cinetico (dinamico).
Per piacere cinetico si intende il piacere transeunte, che dura per un istante e lascia poi l'uomo più insoddisfatto di prima. Sono piaceri cinetici quelli legati al corpo, alla soddisfazione dei sensi.
Il piacere catastematico è invece durevole, e consta della capacità di sapersi accontentare della propria vita, di godersi ogni momento come se fosse l'ultimo, senza preoccupazioni per l'avvenire. La condotta, quindi, deve essere improntata verso una grande moderazione: meno si possiede, meno si teme di perdere.
Epicuro elabora una specie di catalogazione dei bisogni che se soddisfatti procurano eudemonia (letteralmente "star insieme a un buon demone", "serenità"):
Bisogni naturali e necessari, come ad esempio bere acqua per dissetarsi: questi soddisfano interamente poiché essendo limitati possono essere completamente colmati.
Bisogni naturali ma non necessari: come ad esempio per dissetarsi bere vino, certo non avrò più sete ma desidererò bere vini sempre più raffinati e quindi il bisogno rimarrà in parte insoddisfatto.
Bisogni né naturali né necessari, come ad esempio il desiderio di gloria e di ricchezze: questi non sono naturali, non hanno limite e quindi non potranno mai essere soddisfatti.
Epicuro paragona la vita ad un banchetto, dal quale si può essere scacciati all'improvviso. Il convitato saggio non si abbuffa, non attende le portate più raffinate, ma sa accontentarsi di quello che ha avuto ed è pronto ad andarsene appena sarà il momento, senza alcun rimorso. Il piacere catastematico è profondamente legato ai concetti di atarassia e aponia.
Importante è quindi l'amicizia, intesa come reciproca solidarietà tra coloro che cercano insieme la serena felicità. Per quanto riguarda la società egli riconosce l'utilità delle leggi, che vanno rispettate poiché calpestandole non si può avere la certezza dell'impunità quindi rimarrebbe il timore di un castigo che turberebbe la serenità per sempre. L'uomo dovrà quindi essere contento del vivere nascondendosi serenamente (è la concezione epicurea del "vivere nascostamente" o "vivi nascosto", in greco λάθε βιώσας)
Il disimpegno degli epicurei, che teorizzano una vita serena e ritirata, congiunto ad una interpretazione superficiale del concetto epicureo di "piacere", ha portato nei secoli ad una visione distorta dell'epicureismo, spesso associato all'edonismo con cui nulla ha a che fare. La filosofia epicurea si distingue al contrario per una notevole carica illuministica e morale, insegna a rifiutare ogni superstizione o pregiudizio in una serena accettazione dei propri limiti e delle proprie potenzialità.
Infatti l’epucureismo insegna la scienza dell’autodominarsi, che Epicuro chiama “calcolo dei piaceri”, che corrisponde proprio alla terapia per la mancanza del piacere.
L’ultimo personaggio della storia, la ragazza con il tumore, rappresenta due tipi di “mali”: la paura del dolore fisico, e la paura della morte.
Per quanto riguarda la paura del dolore fisico, Epicuro afferma che Se il male è lieve, il dolore fisico è sopportabile, e non è mai tale da offuscare la gioia dell'animo; se è acuto, passa presto; se è acutissimo, conduce presto alla morte, la quale non è che assoluta insensibilità.
Per quanto riguarda la paura della morte, Epicuro afferma che non è un problema che riguarda gli esseri umani in quanto Quando noi ci siamo ella non c'è, quando lei c'è noi non ci siamo più. Quindi Epicuro tende a liberare le preoccupazioni dalla vita dei suoi discepoli, tra le tante la paura della morte. In questo caso la terapia è quindi non ritenerlo un problema umano.
Epicuro propone per i quattri mali maggiori dell’uomo una terapia.
Ma da dove deriva questa terapia?
Nella storia si parla di una forza che spinge il nostro Epicuro ad ascoltare i problemi dei personaggi che incontra e a suggerire loro una soluzione a questi.
Questa forza rappresenta appunto la filosofia, in quanto Epicuro ritiene che la filosofia debba diventare lo strumento, il mezzo, teorico e pratico, per raggiungere la felicità liberandosi da ogni passione irrequieta.

Sabrina Sartori
4 BS Anno Scolastico 2010-2011
Relazione di Filosofia