giovedì 12 agosto 2010

Generazione mille euro, ovvero largo ai peggiori.

Generazione mille euro, ovvero largo ai peggiori.
di Edgardo Rossi

Esiste un paese dove quasi tutte le migliori menti sono condannate al precariato, sono costrette a vivere inventandosi attività o accettando contratti a tempo determinato, buttando il loro tempo nella spasmodica ricerca di un lavoro che permetta loro di realizzarsi.
Un paese dove i ricercatori (se viene concesso di diventarlo) sono spesso pagati con cifre ridicole e senza garanzia alcuna che l’attività intrapresa possa continuare nel tempo. Un paese dove la cultura è considerata un peso, peggio una perdita.
Un paese dove gli incarichi importanti si trasmettono di padre in figlio (da zio a nipote, da parente a parente, ecc.), i ruoli dirigenziali si conquistano con le “spintarelle”, dove l’incompetenza è considerata una virtù, al punto che importanti dirigenti vengono premiati per aver fatto fallire l’impresa di cui erano amministratori.
Certo esistono le eccezioni (come potrebbe se no quel paese di cui si parla sopravvivere), ogni tanto qualcuno dotato di competenze e capacità arriva a ricoprire il ruolo che gli compete, ma è una variante confermativa, e comunque non devono essere troppi, cambierebbero le regole del gioco.
D’altronde in tale “felice” paese è stato inventato uno spazio apposta per favorire il mantenimento costante dell’incompetenza (se non addirittura l’aumento della stessa). Tale spazio è la politica (o meglio l’uso che viene fatto della politica), dietro la parvenza democratica vi è un sistema di regole che garantisce la scelta della classe politica più gradita alle varie consorterie che detengono il potere economico, esso si divide in due grandi “filoni”, quello diretto e quello condizionato.
Attraverso il sistema diretto i candidati sono scelti dai partiti, che li pongono in ordine, secondo un gradimento personalistico e di interesse. In questo filone il candidato ideale, futuro e certo deputato, deve essere o cointeressato al progetto o totalmente ignaro di esso, o tutte e due le cose assieme, deve però garantire la totale accettazione degli ordini di partito. Guai mancare di rispetto alle regole. Tale principio è brillantemente applicato nelle elezioni nazionali.
Il sistema condizionato è meno sicuro, può portare anche a spiacevoli incidenti, tipo l’elezione di persone non gradite, ma i rischi sono bassi. A monte c’è un capillare lavoro di appiattimento delle menti, si tende a far ragionare la gente per slogan, a creare ad arte delle paure fittizie, ad indurre la massa ad identificarsi in presunti leader carismatici a cui bisogna credere con fede cieca ed assoluta.
Se il gioco riesce (e spesso riesce) tutto è quasi garantito, per cui il candidato consigliato verrà prontamente “scelto” dall’elettorato, garantendo la continuità del sistema stesso ed evitando pericolose intrusioni. È grazie a tale metodo che in altri ambiti elettorali sono stati votati ed eletti personaggi di una tale bassezza morale ed intellettuale da rasentare lo scandalo. So che molti pensano ad un noto figlio di (per altro culturalmente deprivato come il padre), ma in realtà quello a cui pensate è uno dei tanti, guardatevi attorno e soppesate chi sta “governando” con mente libera e forse ci si sveglierà da questo “sonno della ragione” che sembra ottenebrare la mente di troppi.
A questo punto avrete capito che il paese di cui vi ho parlato è l’Italia, che la generazione condannata al precariato è quella attuale, che il processo in corso è attivo da molti anni, che le prospettive di una rinascita sono molto limitate e sono legate alla nascita di una coscienza morale autentica, capace di riscrivere le regole applicando finalmente i principi della nostra Costituzione, e in particolare i primi cinque articoli. Per chi non li ricordasse varrebbe la pena di rileggerli e farli diventare parte del proprio comportamento civico.

Art. 1
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Art. 5
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.