lunedì 1 dicembre 2008

Senofane di Colofone

Senofane di Colofone
Vissuto nel VI secolo a.C.
1. Vita e opere. Di Senofane sappiamo che viaggiò molto, abbandonò la sua patria nel 545 a.C. (all’età di 25 anni) per emigrare nelle colonie italiche, in Sicilia e in Italia meridionale. Da numerose testimonianze sappiamo che continuò a viaggiare senza fissa dimora fino a tardissima età, cantando come aedo le proprie composizioni poetiche, di cui ci sono pervenuti alcuni frammenti. Di questo girovagare ce n’è dà notizia egli stesso affermando di essere ancora girovago senza una fissa dimora all'età di ben 92 anni.
Proprio i viaggi furono alla base della sua formazione, entrato in contatto con molti popoli egli si convinse che il politeismo fosse un grave errore in cui l'uomo cadeva, si scagliò perciò contro tutti i culti e affermò l'esigenza del monoteismo. Essere per eccellenza è Dio il quale è unico, l'uomo deve abbandonare i falsi principi della sua immaginazione per cogliere l'essenza divina che ultrasensibile, perciò razionale. Un’antica tradizione lo indica come l’ispiratore di Parmenide, di cui forse fu maestro, e come il fondatore della scuola eleatica. Oggi però si tende a considerare inesatta tale tradizione che sarebbe nata da scorrette interpretazioni di alcune antiche testimonianze. L’attento esame del suo pensiero dimostra come la problematica affrontata da Senofane sia di carattere teologico e cosmologico, mentre gli Eleati fondarono la problematica ontologica. Per tali motivi gli studiosi tendono a considerare Senofane un pensatore indipendente, pur essendo evidenti alcune affinità gli Eleati, ma escludono che egli fosse tra i fondatori della scuola di Elea, così come molto incerta appare la sua influenza su Parmenide. Poniamo comunque questo filosofo all’interno della scuola di Elea per le affinità degli argomenti trattati e per rispetto a quelle testimonianze che ci dicono della sua presenza ad Elea.
2. Uno solo è il Dio. Nei suoi carmi Senofane critica la concezione degli dèi che Omero ed Esiodo avevano fissato in modo esemplare e che era propria della religione pubblica e dell'uomo greco in generale. Egli evidenzia l'errore di fondo dal quale scaturiscono tutte quante le false credenze che sono legate a tale concezione. Si tratta dell'antropomorfismo, cioè dell’abitudine che avevano gli uomini di attribuire agli dei forme esteriori, caratteristiche psicologiche e passioni uguali o del tutto simili a quelle degli uomini stessi. Di fatto gli dei si distinguevano dagli uomini solo quantitativamente ma non qualitativamente. Senofane irride questa falsa credenza obiettando che, se gli animali avessero mani e potessero effigiare gli dèi, li rappresenterebbero in forma di animali; esattamente come avviene tra i vari popoli, aggiungendo ad esempio che gli Etiopi, che sono neri e camusi, ed effigiano i loro dèi neri e camusi, e i Traci, che hanno capelli rossi e occhi azzurri, descrivono i loro dèi con tali caratteristiche. Ma gli uomini non si limitano a tali errori, essi attribuiscono, e questo è molto più grave, agli dei i loro stessi comportamenti, sia nel bene che nel male: e questo è del tutto assurdo.
Con tali accuse Senofane si oppone non solo la credibilità degli dèi tradizionali, ma anche quella dei loro celebrati cantori. I grandi poeti sono bollati come banditori di menzogne. L’attacco alle false credenze viene spinto fino alla demitizzazione delle varie spiegazioni mitiche dei fenomeni naturali, che erano attribuiti agli dei. Senofane cerca di razionalizzare i fenomeni fisici con affermazioni coraggiose, ad esempio l’arcobaleno non era una manifestazione della dea Iride ma “una nube, purpurea, violacea, verde a vedersi”.
3. Il nuovo ruolo della filosofia. Con Senofane la filosofia entra in aperto contrasto con la religione, e mostra la sua potente carica innovatrice, criticando credenze secolari che erano ritenute saldissime, contestando qualsiasi validità alle medesime, rivoluzionando interamente il modo di pensare e concepire la divinità che era stato proprio dell'uomo antico. Dopo tali critiche l'uomo occidentale si troverà a rivedere le sue concezioni del divino, iniziando a percepirlo non più secondo forme umane ma come un essere in sé con caratteristiche che trascendono l’esperienza.
Senofane mosse le sue critiche all'antropomorfismo e denunciò la fallacia della religione tradizionale basandosi sulle categorie tratte dalla filosofia della physis e dalla cosmologia ionica. Per cui si comprende come egli, dopo aver negato che la divinità possa essere concepita con forme umane, finisca per affermare che la divinità è il cosmo. Tale visione non è in contrasto con le fonti degli antichi che ci dicono che Senofane pose come “principio” la terra, né con i suoi versi dove afferma: “Tutto nasce dalla terra e tutto nella terra finisce”; “Terra e acqua sono tutte le cose che nascono e crescono”. Con quelle parole il filosofo non si riferiva all’universo intero, che non nasce, non muore e non diviene, ma alla sfera della nostra Terra. Per dimostrare quanto asseriva Senofane fece riferimento alla presenza di fossili marini sulle montagne, deducendo che in quei luoghi ci fu un tempo acqua oltre che terra e che quindi i due elementi dovevano essere tra loro legati in qualche maniera, riconoscendo alla terra il ruolo di elemento originario del nostro pianeta.

1 commento:

DocEIR ha detto...

vale la pena di leggere