lunedì 24 novembre 2008

Storia della Filosofia Occidentale (origini). La scuola di Mileto

Storia della Filosofia Occidentale  di Edgardo Ivano Rossi Con inserimenti tra il serio e il faceto di Silvano Baracco <+> FILOSOFIA <-> Che cos’è la filosofia, volendo utilizzare un antico gioco di parole potremmo dire che “la filosofia è quella scienza con la quale e senza la quale tutto resta tale e quale”, questo perché la ricerche della filosofia è per sua natura indefinibile. Se invece volessimo rispondere con una definizione alla domanda che ci siamo posti potremmo dire che la filosofia è quel tipo di ricerca che si propone di raggiungere una visione generale e comprensiva della realtà, attraverso l’indagine delle ragioni prime d’essa e un’interpretazione unitaria e coerente delle diverse manifestazioni del sapere; in quanto tale la filosofia è la scienza che tratta dell’essenza, delle proprietà, delle cause e degli effetti delle cose della natura. Il termine deriva dalla parola greca philosophía (in greco antico: φιλοσοφία), composto di φιλεῖν (phileîn), "amare", e σοφία (sophía), "sapienza", ossia "amore per la sapienza. Partendo da tale definizione potremmo dire che, fin dall’origine della sua coscienza l’uomo ha in-trapreso a pensare filosoficamente ogni volta che si è posto delle domande intorno alla propria origine (da dove vengo?), al proprio essere (chi sono?), allo scopo della sua vita (perché ci sono?). ma va subito precisato che non basta porsi tali domande per fare filosofia, così come non tutte le indagini possono essere considerate filosofiche. Ma allora di cosa si occupa la filosofia? La filosofia si occupa dell’uomo e dei problemi dell’uomo di fronte ai propri simili e a tutto il mondo che lo circonda. Dunque la filosofia ha come campo d’azione tutto il sapere umano e in quanto tale cerca di rispondere a tutte le domande. Filosofo dunque è colui il quale non si limita a chiarire i problemi a se stesso, come tutti occasionalmente possono fare, ma colui il quale pone tali problemi in un ambito ben strutturato allo scopo di comunicare a tutti il risultato delle sue ricerche. Ai suoi primordi la filosofia era tutt’uno con la scienza, con cui condivise a lungo problemi e soluzioni. Ma l’evoluzione stessa delle conoscenze umane ha portato la scienza a circoscrivere il campo delle sue indagini agli oggetti sensibili, cercando i rapporti esistenti tra essi studiandoli nelle loro manifestazioni per determinarne le leggi. Lo filosofia invece ha cercato (e cerca ancora oggi) di andare oltre l’ambito dell’esperienza e del visibile (anche se molte correnti filosofiche hanno operato in ambiti fortemente legati all’esperienza) fermando la sua attenzione sui valori dello spirito trovando in essi la prima fonte del suo sapere. Sostanzialmente, attraverso l’interpretazione coerente del pensiero umano, la filosofia studia il sa-pere nelle varie epoche e nelle varie forme per giungere ad una visione generale della cultura stessa dandole una spiegazione, la più coerente e logica possibile, al perché della realtà. L’impegno dei filosofi di ogni tempo è quello di studiare, criticare e completare il pensiero di chi lo ha preceduto per adeguare alla propria epoca le conoscenze precedentemente raggiunte, questo non allo scopo di annullarle ma per arricchirle di nuovi elementi. Lasciando però al contempo aperta la ricerca, che una costante delle verità filosofiche è quella di non essere mai assolute ma sempre aperte al dubbio e alla confutazione. Analizzandola da questo punto di vista possiamo dire che la filosofia non ha tempo, la sua storia è infatti, come afferma Nicola Abbagnano “la storia della ricerca incessante che l’uomo fa di se stesso”. In pratica il contributo di ciascuno apre nuove prospettive proponendo perennemente nuovi problemi che non giungono mai ad una soluzione definitiva. Ma quali sono i problemi specifici della filosofia? I problemi filosofici sono tutti legati tra di loro in maniera praticamente indissolubile, al punto che non è possibile considerarne uno indipendentemente dagli altri. La separazione può avvenire solo per rendere più facile l’analisi delle singole questioni, ma il lavoro filosofico in sé tende sempre all’universale. Dividendo tali problemi per grandi linee possiamo dividerli in tre gruppo fondamentali, a loro volta suddivisi in sottogruppi generali: a) Problemi della conoscenza. Si occupano della validità, dei criteri e dei limiti delle cono-scenze umane. In questo ambito generale si hanno i seguenti problemi: 1) ontologico o metafisico, che studia la natura dell’essere in quanto essere, come og-getto in sé nel senso della più ampia generalità, senza tenere conto dei suoi caratteri sensoriali; 2) gnoseologico propriamente detto, che indaga intorno al conoscere umano e a tutti quei mezzi con i quali l’uomo entra in rapporto con il mondo: sensibilità, intelletto, leggi che regolano il pensiero stesso. Dunque la gnoseologia studia le origini, il va-lore, le forme e i limiti dell’attività conoscitiva; 3) logico, che indaga sulla validità delle strutture formali del discorso relativo a tutte le scienze; 4) metodologico, che ricerca, su un piano generale, i procedimenti metodici comuni a tutte le scienze; 5) antropologico o dell’uomo, che studia l’uomo (come soggetto) nella sua generalità e nei suoi rapporti con la natura, nonché dei rapporti tra gli uomini. Questo al di là delle singole scienza specifiche quali l’antropologia, la psicologia, la storia; 6) teologico o di Dio e dell’anima che studia l’esistenza e la natura di Dio, la natura e l’immortalità dell’anima; 7) teleologico o dottrina filosofica del finalismo, che ritiene che la finalità sia sempre presente nella comune attività volontaria dell'uomo razionale sia quando tende alla realizzazione di uno scopo sia quando sue azioni sono involontarie e inconsapevoli, questo perché tutte le azioni hanno lo scopo di realizzare un fine. Tale dottrina mira a dimostrare che la storia e la realtà stessa non sono frutto del caso ma realizzazio-ni di un fine preordinato. b) Problemi etico-politici, che studiano quali siano i comportamenti conformi alla ragione, nell’ambito della convivenza umana. Si suddividono a loro volta nei seguenti problemi: 1) etico o morale, che analizza il fine dell’attività degli uomini e i mezzi più idonei per conseguirlo; 2) politico, che studia il fine e le varie forme della vita associata; 3) giuridico, che studia le basi stesse delle leggi attraverso i fondamenti generali del diritto. c) Problema estetico, che studia la bellezza e le forme espressive dell’uomo, ovvero l’arte, a-nalizzando i caratteri generali che definiscono e classificano il fenomeno artistico come particolare manifestazione della vita spirituale, perché l’uomo sente profondamente il valore della bellezza e dell’armonia in tutto ciò che lo circonda. Ma queste suddivisioni sono solo un punto di partenza, un modo per fissare le direzioni da intra-prendere, il viaggio è lungo, dura da quasi tremila anni ed è destinato ad aprire tante altre rotte, tutte alla ricerca di possibili risposte, risposte che comunque saranno sempre destinate inevitabilmente a dare vita ad altre domande. D’altronde la domanda “qual è il senso della vita?” è già di per sé un quesito in grado di far “tremare le vene e i polsi”. ORIGINE DELLA FILOSOFIA OGGI? La filosofia si definisce per la sua ricerca sull’insieme piuttosto che sulle parti, in qualsiasi settore o dimensione essa si svolga: dimensione metafisica, ontologica, etica, politica, sociale, estetica, logica, gnoseologica. In qualunque settore, la filosofia si interroga sulle questioni essenziali. Che cosa è essenzialmente metafisico? Essenzialmente ontologico? Essenzialmente etico? È chiaro che le risposte dipendono dalle differenti filosofie. Perché le filosofie differiscono? Riflettere su queste differenze significa chiederci se esista o meno una condizione epistemologica per la filosofia, che in qualche modo spieghi e legittimi la differenza tra le filosofie. Tale interrogativo però richiede una soluzione a mio avviso difficile, estremamente complessa. Iniziamo allora a chiederci perché vi sono diverse filosofie. Al di là di qualunque risposta possiamo dare, il problema è che anche la risposta stessa può essere il frutto di una filosofia, dunque essa può essere diversa a seconda delle differenti filosofie. Per esempio un marxista, in base alla sua filosofia, non esiterebbe ad affermare che le filosofie si differenziano a seconda dei diversi contesti storico-materiali; un weberiano, invece, che parte da un altro presupposto filosofico (ogni azione umana in quanto tale è dotata di senso) non esiterebbe a rispondere che le filosofie si differenziano per i diversi contesti etico-culturali. Come si vede la filosofie orientano risposte essenziali sulla base di presupposti filosofici, che a loro volta hanno, comunque sia, una loro dignità filosofica, nel senso che sono presupposti filosoficamente assunti, la cui critica o accettazione viene mediata rispettivamente da un’altra o dalla propria filosofia. Il discorso che stiamo facendo serve per mostrare che in realtà non esiste una Filosofia delle filosofie, una Filosofia che stabilisca l’esito del filosofare in una direzione piuttosto che in un’altra. La filosofia vive di sé. Delle sue riflessioni, delle sue ricerche, della sua libertà, della sua assenza di presupposti estrinseci, oggettivamente dati. Essa è epistemologicamente autonoma. L’unico divieto è il dogma. Chi pretende di filosofare partendo da assunti che non sono anche il risultato di una libera critica riflessiva, in realtà avanza una pretesa ideologica, non criticamente fondata. Ma cosa significa critica, fondazione, ideologia, che cosa tali termini significhino in sé, in modo assoluto, questo non può essere stabilito una volta per tutte. I significati di tali termini, ancora una volta, dipendono dalle differenti filosofie. Tutto ciò però non attesta un circolo vizioso, ma il fatto incontestabile che la critica, la libertà, la fondazione eccetera, al di là dei contenuti teoretici differenti di cui si riempiono, sono modalità, atteggiamenti peculiari del filosofare, che avanza con il suo stile interpretativo. In questo senso la filosofia nasce in Grecia, perché in questa terra per la prima volta, per quel che ne sappiamo, lo sguardo umano si interroga criticamente sull’essenza delle cose. Non importa che tale essenza sia l’acqua piuttosto che il fuoco o l’infinito o l’aria. Importa che la risposta sia stata ricercata criticamente attraverso un’indagine razionale. La razionalità di cui si serve la filosofia però non è quella della spiegazione scientifica, è semmai la coerenza critica del discorso per cui le conclusioni conseguono dalle premesse, che sono tali per il fatto che per il modo in cui sono assunte risultano le più evidenti. Anche qui tocchiamo un argomento difficile eppure molto interessante. La filosofia parte dall’evidenza di ciò che le si mostra. Attraverso la riflessione critica importa che in un modo o nell’altro si arrivi all’evidenza. Essa può essere presentata, dopo una lunga ricerca, da un dato empirico, da un’intuizione che sorge dall’animo, oppure si rinviene attraverso un’analisi filologica o semantica di un termine, di una tradizione, di una religione. La filosofia, comunque sia, argomenta criticamente, partendo dall’evidenza di ciò che le si manifesta attraverso un libero esame. Ma a sua volta il libero esame critico, riflessivo, presuppone un’evidenza radicale, ineludibile: la meraviglia dell’essere, il senti-mento che l’essere non sia nulla di scontato. Qui tocchiamo l’animo del filosofare, che è forse l’unica condizione necessaria anche se non sufficiente della sua possibilità: il sentimento che nulla non sia degno di essere oggetto di meraviglia e interrogazione. Lo sguardo filosofico è fanciullesco e al tempo stesso molto impegnativo. Chiede il senso dell’essenza delle cose, con ingenuità disarmante rispetto all’ordinarietà. In questo senso la filosofia è criticità radicale grazie alla meraviglia dell’Essere. In questo senso spostiamo l’attenzione verso un altro argomento: è molto difficile essere filosofi nelle condizioni attuali del nostro sistema sociale. In effetti la burocratizzazione dell’esistente sociale, attraverso organigrammi e mansionari più o meno formali atti a garantire l’ingranaggio e l’ordine vocazionale per i ruoli, è così conformante l’identità personale, che questa non sa più porsi nell’ottica della Meraviglia; immediatamente la preclude con procedure che la squalificano in quanto non amministrabile, perciò viene letteralmente rimossa. È difficile oggi trovare un filosofo che in occasioni pubbliche reciti il suo pensiero senza procedure burocratiche. La filosofia, dal momento che assume come sua propria condizione la riflessione critica e interpretativa meravigliata, mai come oggi è nella condizione di dovere e poter assumere come sua propria condizione anche la critica irriducibile della Modernità, profilandosi per uno stile radicalmente umanistico. Storicamente parlando, questa le è la condizione più fondamentale, non solo perché la filosofia è costitutivamente critica verso la Modernità, ma anche perché ogni compromesso con la Modernità le toglie la fonte da cui scaturisce: la Meraviglia. ORIGINI DELLA FILOSOFIA: LA STORIA DELLA FILOSOFIA ANTICA Secondo la tradizione e i dati storici oggi in possesso la filosofia antica iniziò intorno al 600 a.C. nella Ionia, una regione situata sulla costa egea dell’Asia Minore (penisola Anatolica) abitata da genti greche, per tale motivo si è soliti dire che la filosofia è nata in Grecia. In tale area geografica si attua il passaggio dal mito alla scienza, dalle ipotesi fantastiche all’indagine razionale sulle possibili origini dell’universo, sulla natura, sulla storia. Volendo poi fissare un termine a tale periodo potremmo dire che la filosofia antica terminò nel 529 d.C. quando l’imperatore Giustiniano ordinò la chiusura della scuola di Atene e la confisca dei beni e gli ultimi suoi studiosi si trasferirono alla corte del re di Persia, ma questa è un’altra storia (o meglio la fine della prima parte di una lunga storia). Questo lunghissimo periodo, che comprende oltre undici secoli, è caratterizzato da varie fasi e da varie speculazioni che si possono così raggruppare: a) La prima fase, che dura circa 150 anni e va dal 600 a 450 a.C., è caratterizzata dalle in-dagini sulla natura ed è chiamata dagli storici della filosofia naturalistica. I filosofi sono tutti nativi delle colonie greche dell’Asia Minore e dell’Italia meridionale. b) La seconda fase dura circa cinquant’anni, va dal 450 al 399 a.C., e corrisponde al mas-simo splendore della democrazia ateniese, il periodo di Pericle, ed è caratterizzata so-prattutto dalle indagini sull’uomo, è detta età dei sofisti o sofistica, ma anche socratica, da Socrate, il pensatore che, secondo molti studiosi, apre ad un nuovo modo di intendere e pensare la filosofia. È in questa fase che la filosofia entra in Atene, che in breve tempo diventa il maggior centro filosofico della Grecia. c) La terza fase, che va dal 399 al 322 a.C. corrispondendo a quasi tutto il IV secolo a.C., raggiunge il culmine della filosofia antica con i due grandi filosofi Platone e Aristotele, i primi di cui ci sono pervenuti per intero i loro sistemi filosofici, sistemi abbraccianti ogni campo del sapere e destinati ad esercitare il loro profondo influsso per buona parte della storia della filosofia (in particolare su tutto il Medio Evo e parte dell’età moderna). Tale fase è chiamata anche platonico-aristotelica. Atene in tale periodo esercita di fatto un primato indiscusso sulla cultura greca. d) La quarta fase corrisponde al periodo delle grandi monarchie ellenistiche e del dominio di Roma, andando dal 322 a.C. al I secolo d.C., è caratterizzata soprattutto dallo studio del problema morale. I principali centri filosofici sono, in tale periodo, Atene, Alessandria d’Egitto e le grandi città dei regni ellenistici. È detta fase ellenistica. e) La quinta fase, che di fatto corrisponde all’età imperiale romana, va dall’inizio del I secolo d.C. al 529, è caratterizzata dal problema religioso, che trova nel neoplatonismo il suo momento culminante (in tale periodo compare anche la patristica, che però va vista nell’ambito della nascita di una nuova fase filosofica, al di fuori di quella antica) Tale fase è detta neoplatonica, i centri culturali sono ora molti, e in particolare Roma e Alessandria. ORIGINI DELLA FILOSOFIA: LE COLONIE GRECHE DELL’ASIA MINORE E DELL’ITALIA MERIDIONALE. Nel VI secolo a.C. la grande espansione coloniale della Grecia nel Mar Mediterraneo è ormai in fase conclusiva. L’economia è in espansione dappertutto e le strutture sociali che si sono andate formando garantiscono spazi al confronto e alla riflessione. Soprattutto le colonie ioniche dell’Asia Minore e quelle dell’Italia meridionale (Magna Grecia) sono ormai di fatto importanti centri del commercio marittimo e terrestre. Pur non interrompendo i legami con la madrepatria, gli abitanti delle colonie danno vita ad una società più libera e più aperta e più agiata, in esse si afferma una nuova e vivace classe di imprenditori e di mercanti che arriva a mettere in forse l’antico predominio dell’aristocrazia terriera. I traffici, facilitati dalla posizione strategica delle colonie, si intensificano e sorgono grandi centri, che diventano poli di attrazione e di mescolanza di varie culture. La regione più attiva è quella della Ionia, su tale area, ricca di importanti città, domina la ricca Mileto. Da lì partono navi cariche di prodotti verso tutte le coste, qui confluiscono genti di tutti i Paesi, del Mediterraneo e dell’Asia. Si attiva uno scambio che, da economico, diviene anche culturale. Antiche credenze si mescolano, nuove conoscenze si affermano. Non soggetti ai ferrei vincoli imposti nelle Polis greche, i ricchi borghesi delle colonie sono disposti ad accogliere nuove idee e accettano di modificare i vecchi ordinamenti. Il genio greco trova nuovi stimoli, è in tale fase che la filosofia fa la sua comparsa attraverso le indagini dei filosofi-scienziati naturalisti. Dalla Ionia la filosofia giungerà nelle colonie della Magna Grecia e delle isole per arrivare, infine nella madrepatria, dove giungerà al culmine del suo sviluppo. Ma date queste premesse si può affermare che la filosofia occidentale fu un invenzione del genio greco? LA VOCAZIONE TEORETICA DEL GENIO ELLENICO Si può senz’altro affermare che filosofia fu una creazione del genio ellenico perché non derivò ai Greci da precisi stimoli desunti dalle civiltà orientali; anche se non va scordato che dall'Oriente i pensatori greci trassero alcune conoscenze scientifiche, astronomiche e matematico-geometriche, che però seppero ripensare e ricreare in dimensione teoretica, mentre gli orientali le concepivano in senso prevalentemente pratico. Così, se gli Egizi svilupparono e trasmisero l'arte della geometria e del calcolo, i Greci, in particolare a partire dai Pitagorici, ne fecero una teoria sistematica del numero; e se i Babilonesi utilizzarono puntuali rilevazioni astronomiche per tracciare le rotte per le navi, i Greci le trasformarono in una organica teoria astronomica. La filosofia ellenica trovò le sue fonti e le sue ispirazioni in tre grandi momenti della propria cultura: la poesia; la religione; le condizioni socio-politiche adeguate. 1) La poesia ebbe un ruolo determinante nell’anticipare il gusto dell'armonia, della proporzione e della giusta misura (soprattutto con Omero e i Lirici) inoltre iniziò spiegare la realtà risalendo alle cause, sia pure a livello fantastico-poetico (in particolare con la Teogonia di Esiodo). 2) La religione greca era divisa in religione pubblica (ispirata ad Omero e ad Esiodo e ai miti) e in religione dei misteri, in particolare quella orfica (legata al mito del cantore della Tracia Orfeo). La religione pubblica vedeva gli dèi come forze naturali amplificate nella dimensione del divino, o come aspetti antropomorfi sublimati e potenziati. La religione orfica, invece, considerava l'uomo in maniera dualistica: come anima immortale, concepita come un demone, che per una colpa originaria fu condannata a vivere in un corpo (da cui la definizione del corpo come tomba o prigione dell’anima). Dall'Orfismo deriva una morale che poneva precise delimitazioni ad alcune tendenze irrazionali dell'uomo. Quello che accomunava queste due forme di religione era l'assenza di dogmi fissi e vincolanti in senso assoluto, di testi sacri rivelati e di interpreti e custodi di questa rivelazione (cioè sacerdoti preparati per questi precisi compiti). Proprio per questi motivi il pensiero filosofico godette, fin dall'inizio, di un'ampia libertà di espressione, con poche eccezioni. 3) Anche le condizioni socio-economiche, come si è già detto, favorirono la nascita della filosofia nelle colonie prima e in Grecia poi con i suoi caratteri peculiari. Infatti, i Greci raggiunsero un certo benessere e una notevole libertà politica. Contemporaneamente si sviluppò un forte senso di appartenenza alla Città (Polis), fino al punto di identificare l'"individuo" con il "cittadino", e di legare molto strettamente l'etica alla politica. A tal proposito giova ricordare che la filosofia ha per oggetto la totalità delle cose (tutta la realtà, l'intero) e in questo confina con la religione; usa un metodo razionale, e in questo ha contatti con la scienza (con cui per un certo periodo di fatto si identifica); inoltre, ha come scopo la pura "contemplazione della verità", ovvero la conoscenza della verità in quanto tale, proprio in questo si differenzia dalle arti che hanno un intento in prevalenza pratico. La contemplazione della verità (che è una naturale aspirazione dell'uomo) è vista come il fondamento stesso della morale nonché della vita politica nel suo più alto senso; per tale motivo viene considerata dai filosofi il momento supremo della vita dell'uomo, fonte della vera felicità. La scuola di Mileto La scuola di Mileto fiorì nel VI secolo a.C., prende il nome dalla città di Mileto, importante centro della regione della Ionia, in Asia Minore, dove vissero i suoi esponenti. È chiamata anche scuola ionica. Non esistono certezze sul tipo di rapporto intercorso tra Talete, Anassimandro e Anassime-ne, alcuni studiosi ritengono che i tre furono tra loro legati nel rapporto maestro discepolo, altri che i tre elaborarono teorie autonomamente. Essi tentarono di dare un spiegazione razionale della realtà, pensando per primi ad un principio (arché) delle cose, visto come una materia unica concepita come vivente (ilozoismo) dalla quale nessuno escluso neanche gli dei. Con i loro scritti, di cui conosciamo pochi frammenti, stesi in prosa intrecciano analisi quasi scientifiche con i miti della cosmogonia, il loro interesse per il mondo fisico porta ad importanti intuizioni spesso stupefacenti, comunque legate tra loro dal filo della ragione logica. In pratica le concezioni esposte, tutte fondate più o meno sul principio ilozoista, sono i primi tentativi di raggiungere un principio unitario esplicativo per conoscere e comprendere la realtà. Per tale motivo non sono importanti le varie soluzioni, talvolta ingenue, date al problema; importate è in realtà il fatto che questi pensatori impostarono il problema, sentirono la necessità di ricondurre la varietà dell’esperienza ad unità. Proprio questa esigenza è di per sé filosofia, ecco perché è con loro inizia la storia della filosofia occidentale.

1 commento:

DocEIR ha detto...

vale la pena di leggere
valore notevole