lunedì 24 novembre 2008

La scuola di Mileto, Talete, Anassimandro, Anassimene, Diogene di Apollonia

Talete
Mileto tra il VII e il VI secolo a.C.
Non vi sono notizie certe su Talete, su di lui più che altro esistono numerose leggende. Nacque a Mileto, venne considerato uno dei sette savi della Grecia. A Talete la tradizione attribuisce importanti scoperte in campo astronomico e matematico. Non risulta che abbia scritto libri. Conosciamo il suo pensiero solo grazie alla tradizione orale indiretta È considerato il fondatore della Scuola Ionica e il primo filosofo greco. Fu Talete che per primo parlò del problema del principio (in greco arché) di tutte le cose. Il principio è ciò da cui derivano e in cui si risolvono tutte le cose e ciò che rimane immutato pur nelle varie forme che via via assume.
Secondo Talete tutto avrebbe inizio dall'acqua, perché, affermava il filosofo, dove c'è umidità c'è vita, dove c'è secco c'è morte. La natura secondo Talete è una realtà vivente.
Questa realtà originaria è stata denominata dai primi filosofi physis, ossia natura, nel senso antico e originario del termine indicante la realtà nel suo fondamento. "Fisici", di conseguenza, vennero chiamati tutti i primi filosofi che svilupparono questa problematica.
Le due leggende più note narrate sul filosofo sono apparentemente contraddittorie, pur non negando di fatto la possibile convivenza di due caratteristiche quali la distrazione e la lungimiranza.
La prima narra di come Talete, mentre era intento a guardare le stelle, non vide un buco e vi cadde dentro suscitando le risa di una servetta della Tracia che si trovava a transitare in quel momento. La storia sembra dunque evidenziare come chi ricerca verità troppo elevate spesso perde il contatto con il mondo reale. Nella versione più tragica il buco diventa un pozzo dentro il quale Talete sarebbe annegato.
La seconda, trasmessaci da Aristotele, narra di come avendo Talete previsto, grazie alle sue conoscenze scientifiche, una ricca produzione di olive avesse affittato tutti i frantoi della regione per poi subaffittarli ad un prezzo maggiorato, guadagnando in tal modo una grossa somma. In questo caso il filosofo appare come colui che dotato di conoscenze superiori le sa utilizzare anche per scopi pratici.
Il termine Principio (o arché) non è di Talete (si pensa sia stato introdotto dal suo discepolo Anassimandro), ma è sicuramente il termine che meglio di qualsiasi altro indica il concetto di quel qualcosa (quid) da cui derivano tutte le cose. Per essere più precisi il principio (come spiega Aristotele nella sua analisi del pensiero di Talete e dei primi Fisici) è ciò da cui derivano originariamente ed in cui si risolvono da ultimo tutti gli esseri, dunque è una realtà che permane identica nel trasmutarsi delle sue affezioni, cioè una realtà che continua ad esistere immutata, pur attraverso il processo generativo di tutte le cose. Schematizzando possiamo dire che il principio è:
a) la fonte e l’origine di tutte le cose;
b) la foce o il termine ultimo di tutte le cose;
c) il permanente sostegno che regge tutte le cose (quella che con termine posteriore sarà chiamata sostanza).
Riassumendo possiamo definire il principio come ciò da cui vengono, ciò a cui vanno a finire e ciò per cui sono e sussistono tutte le cose.
Resta però da chiarire il senso dell'identificazione del principio con l'acqua e i suoi possibili significati.
Secondo la tradizione Talete avrebbe tratto questa sua convinzione dalla constatazione che il nutrimento di tutte le cose è umido e che i semi e i germi di tutte le cose hanno natura umida, e che il totale disseccamento è la morte. Da ciò la constatazione che la vita è legata all'umido e l'umido presuppone l'acqua, per cui l'acqua è l'origine ultima della vita e di tutte le cose.
Tutto deriva dall'acqua, tutto ciò che è vivo si sorregge con l'acqua, tutto finisce nell'acqua. Dunque Talete basa le sue asserzioni sul puro ragionamento (in greco logos, cioè parola, ma anche logica), ci presenta una forma di conoscenza motivata con precise argomentazioni razionali.
D’altronde Talete era giunto ad una conoscenza molto elevata come è dimostrato dal fatto che egli aveva indagato i fenomeni del cielo al punto da predire (riempiendo di stupore i concittadini) una eclisse (forse quella del 585 a.C.). Come matematico è considerato lo scopritore di un celebre teorema di geometria, che porta il suo nome. Come fisico aveva studiato le proprietà del magnete.
Non dobbiamo pensare che l'acqua che Talete considera il principio sia l'elemento fisico-chimico che beviamo, bisogna piuttosto vedere tale acqua in maniera totalizzante, cioè come quell'originaria ed eterna physis liquida da cui tutto deriva e di cui l'acqua, che beviamo è una delle tante manifestazioni. Per tale interpretazione della realtà Talete era un naturalista, nel senso antico del termine, e non un materialista, nel senso moderno e contemporaneo. La sua acqua coincide con il divino, in tal modo Talete introduce una nuova concezione di Dio, una concezione in cui predomina la ragione destinata a superare e ad eliminare tutti gli dèi del politeismo fantastico-poetico dei Greci.
Talete era solito affermare che tutto è pieno di dèi, ossia che tutto è pervaso dal principio originario. E siccome il principio originario è vita, tutto è vivo e tutto ha un'anima (panpsichismo) compresi gli oggetti inerti. Il magnete che attira il ferro era da lui considerata come una prova dell'universale animazione delle cose, egli pensava la forza del magnete come la manifestazione della sua anima, della sua vita, appunto. Tale concezione che identifica la divinità con l’insieme degli esseri materiali è detta anche ilozoismo panteistico.
Per Talete la Terra (il Mondo) ha la forma di un disco piatto che sta sopra l’acqua galleggiando come un pezzo di legno.

Anassimandro
(Mileto ca 611-546 a.C.)
Filosofo appartenente alla scuola ionica di Mileto, considerato discepolo di Talete. A lui viene attribuito il primo scritto filosofico intitolato Della natura, di cui ci è pervenuto un frammento. È il primo trattato filosofico dell’Occidente e il primo scritto in prosa dei Greci. La scelta di esporre in prosa i suoi pensieri era resa necessaria dal fatto che il logos doveva essere libero dai vincoli del metro e del verso, per rispondere pienamente alle proprie istanze. Secondo la tradizione fu il primo a introdurre nell’uso filosofico il termine arché: la fonte (ciò da cui), la foce (ciò verso cui) e il sostegno (la sostanza) della realtà. Per Anassimandro si tratta dell'infinito (l’ápeiron), dal quale tutte le cose scaturiscono mediante separazione dei contrari.
Uomo pratico, fu molto attivo nella vita politica, le cronache riferiscono che comandò la colonia migrata da Mileto ad Apollonia. Ad Anassimandro viene attribuita anche la prima stesura di una carta del mondo.
Con Anassimandro la problematica del principio si approfondisce. Come già brevemente accennato egli pensava che l'acqua fosse già un qualcosa di derivato, per tale motivo il principio (arché) doveva essere l'infinito, ossia una natura (physis) in-finita e in-definita, da cui provengono tutte le cose che sono.
Anassimandro usò il termine á-peiron, che significa ciò che è privo sia di limiti esterni che di limiti interni, ovvero che è spazialmente e quantitativamente infinito e qualitativamente indeterminato. Essendo quantitativamente e qualitativamente il-limitato, il principio (ápeiron) può dare origine a tutte le cose, de-limitandosi in vari modi. Questo principio tutto comprende, tutto abbraccia e circonda, tutto governa e regge, proprio perché come de-limitazione e de-terminazione di esso tutte le cose si generano da esso, con-sistono e sono in esso.
Anche per Anassimandro, come per Talete, la Divinità corrisponde al Principio, mentre gli dèi altro non sono che i mondi, gli universi che sono numerosi (se non infiniti); ma, mentre il Principio divino è eterno (non nasce né perisce), i divini universi, invece, nascono e periscono ciclicamente.
Talete non si era chiesto quali erano i motivi per cui dal principio derivano tutte le cose, e per quali motivi tutte le cose si corrompono. Anassimandro, invece, si chiese quali erano le ragioni del perenne ciclo vita-morte e rispose che la causa dell’origine delle cose è una sorta di ingiustizia (un male originario) mentre la causa della corruzione e della morte è una sorta di espiazione (purificazione) di tale ingiustizia.
Probabilmente Anassimandro credeva che il mondo fosse costituito da una serie di contrari e che questi tendessero a sopraffarsi l'un l'altro (caldo e freddo, secco e umido, ecc.). Proprio in questa perenne sopraffazione consisterebbe l’ingiustizia. Questa concezione (come molti studiosi hanno notato) non sarebbe un’idea originale, Anassimandro l’avrebbe desunta da concezioni religiose di derivazione orfica. Il punto centrale dell’Orfismo era l'idea di una colpa originaria e dell'espiazione della medesima, per giungere alla giustizia equilibratrice.
Da tali presupposti Anassimandro giunse alla convinzione che come infinito è il principio, così infiniti sono i mondi, sia nel senso che il mondo in cui viviamo non è che uno degli innumerevoli mondi del tutto simile a quelli che l'hanno preceduto, e che lo seguiranno (dato che ogni mondo ha una nascita, una vita e una morte), sia nel senso che il nostro mondo coesiste contemporaneamente con una serie infinita di altri mondi (tutti quanti compresi nell’eterno ciclo di nascita e morte).
Anassimandro giunge anche a spiegare la genesi dell’Universo, lo fa con una teoria molto affascinante. Da un movimento, che è eterno, si generarono i primi due fondamentali contrari: il freddo e il caldo. Il freddo, che originariamente è di natura liquida, viene in parte trasformato dal fuoco-caldo (che forma la sfera periferica) in aria. La sfera del fuoco non resta immutata ma si spezza in tre, dando origine alla sfera del sole, a quella della luna e a quella degli astri. L'acqua (l’elemento liquido) si raccoglie nella cavità della terra formando i mari.
Anassimandro immagina la Terra come un cilindro, ovvero quella figura geometrica caratterizzata dall'uguale distanza da tutte le parti, per tale motivo si viene a generare una sorta di equilibrio di forze che permette al nostro pianeta di rimanere sospeso senza essere tenuto da nulla, rimanendo fermo. Dall'elemento liquido, sotto l'azione del sole, sono nati i primi animali, di struttura elementare, da cui, poi si sono sviluppati gli animali più complessi. L’uomo stesso sarebbe l’ultimo frutto di tale evoluzione.

Anassimene
(Mileto VI secolo a.C.)
Ultimo filosofo appartenente alla scuola ionica di Mileto, forse fu allievo di Anassimandro. Secondo la sua filosofia tutte le cose hanno inizio dall'aria, in quanto elemento “vicino all’incorporeo” e diffuso ovunque. Dall’aria, mediante condensazione e rarefazione, si formano gli altri elementi (l’acqua, la terra e il fuoco) che all’aria ritornano. Fu il primo a parlare di separazione fra la terra e gli astri. Anche a lui è attribuito un trattato, scritto in sobria prosa ionica, ricordato con il generico titolo Sulla natura, di cui ci sono giunti tre frammenti, oltre a testimonianze indirette.
Anassimene concorda con Anassimandro sul fatto che il principio debba essere infinito e corrispondere con il divino, ma abbandona la strada del suo predecessore identificandolo con l’aria infinita, sostanza aerea illimitata.
Occorre chiarire la ragione che spinse Anassimene a scegliere l'aria come principio, percorrendo una strada simile, ma non uguale ai suoi predecessori. È evidente come Anassimene sentisse la necessità di introdurre una realtà originaria che gli permettesse di dedurre in modo più logico e più razionale, di quanto non avessero fatto Anassimandro e Talete, tutte le cose da essa. Trovò nell’aria un buon principio, perché essa, per la sua natura mobilissima, ben si presta (più dell'infinito anassimandreo) ad essere concepita come perennemente in movimento.Anche se nulla esclude che tale scelta nascesse da una sorta di compromesso tra la troppo materiale acqua di Talete e il troppo evanescente infinito di Anassimandro. Un altro motivo il filosofo probabilmente lo trovò nel fatto che l’aria si presta, meglio di qualsiasi altro elemento, alle variazioni e alle trasformazioni necessarie per far nascere le diverse cose. In effetti essa condensandosi si raffredda e diventa acqua e poi terra, rarefacendosi (ovvero allentandosi) e dilatandosi si riscalda e diviene fuoco.
Proprio dalla variazione di tensione dell'originaria realtà tutte le cose hanno origine. C’è in tale ragionamento un approfondimento rispetto a quanto affermato dai filosofi precedenti, viene infatti a crearsi una connessione razionale (anche se non ancora scientifica). Anassimene è dunque il filosofo che rappresenta l'espressione più rigorosa e più logica del pensiero della Scuola Ionica, introducendo il processo di "condensazione" e "rarefazione" egli evidenzia quella causa dinamica di cui Talete non aveva ancora parlato, e che Anassimandro aveva sì intuito ma che poi di fatto aveva giustificato solo ispirandosi a concezioni orfiche. Anassimene è dunque il primo a fornire una causa in perfetta armonia con il "principio".
Per tale motivo i successivi pensatori identificano Anassimene come il modello e come l'espressione paradigmatica del pensiero ionico.
Sembra che Anassimene concepisse la terra come un disco piatto sospeso nell’aria.

Diogene di Apollonia
V secolo a.C.
Diogene di Apollonia, filosofo greco della scuola ionica. Va precisato che Diogene va posto nella scuola ionica perché ad essa si ispirò nell’elaborare le sue teorie. Appartenne alla corrente eclettica, succeduta alla crisi della scuola dei fisiologi, si occupò anche di studi di anatomia, biologia, di fisiologia e di meteorologia. Fu allievo di Anassimene, di cui accettò il principio dell’aria e sostenne la tesi dell’unità del tutto sia contro Anassagora che contro Empedocle. Da Anassagora riprese però il concetto di nous (intelletto), con cui arricchì la teoria di Anassimene, vedendo nell’aria il soffio dell’intelletto divino che ordina le produzioni cosmiche. Secondo Diogene la molteplicità degli esseri e il divenire vanno pensati come le trasformazioni di un elemento primordiale, l’aria, come già detto. Essa è divina, onnipotente e onnipresente. Diogene intende superare il dualismo tra materia ed intelletto (presente nel pensiero di Anassagora) attribuendo al principio dell’aria un’intelligenza creativa e ordinatrice. Della sua opera, che la tradizione ci tramanda con il generico titolo Sulla natura, ci sono pervenuti solo dei frammenti, tale opera conteneva anche le sezioni di meteorologia e antropologia. Gli è attribuito anche uno scritto polemico Contro i sofisti.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

un lavoro nptevole
commento estensibile a tutto il blog

DocEIR ha detto...

vale la pena di leggere