lunedì 24 novembre 2008

Eraclito di Efeso

Eraclito di Efeso
Efeso 550 - 480 a.C. circa
Eraclito, filosofo greco. Le vicende della vita di Eraclito si confondono con la leggenda, egli veniva descritto come uomo aristocratico e stravagante. Appartenente alla famiglia reale di Efeso, colonia greca sulle coste della Lidia in Asia minore, avrebbe rifiutato il titolo a favore di un suo fratello. Fu avversario dei democratici di Efeso e si rifiutò di stendere la nuova costituzione. Contro la democrazia la tradizione dice che egli fu molto polemico e ricorse più volte alla contrapposizione fra i "migliori" e i "più". Deluso dai suoi concittadini pare che alla fine si ritirò nel tempio di Artemide Efesia dove lasciò come dono votivo e lascito testamentario il suo scritto. In realtà poche sono le notizie certe sulla vita di Eraclito. Sappiamo che compose intorno al 490 un'opera per cui godette nell'antichità la fama di un pensatore enigmatico ed oscuro, l'opera gli diede immediata fama e fu al centro di accanite polemiche. Fu criticato aspramente da Parmenide di Elea. Il titolo dell'opera era probabilmente la semplice affermazione "Eraclito di Efeso dice questo" ma in seguito le fu attribuito quello di "Periphyseos" (Sulla natura delle cose). Eraclito è considerato il filosofo del divenire, famosa è diventata la sua affermazione "panta rhei" (tutto scorre) e dei contrasti, tutto avrebbe origine dalla guerra fra le varie parti secondo un'armonia, un ordine preordinato da un non ben precisato logos universale, all'origine del tutto c'è il fuoco (o lógos), un fuoco sempre vivo "che a misura si accende e a misura si spegne". Eraclito scrisse i suoi pensieri sotto forma di frasi brevi, dei veri e propri aforismi, spesso di difficile interpretazione, per tale motivo fu soprannominato l’oscuro. La sua vita è narrata da Diogene Laerzio, ma sembra essere più un’elaborazione leggendaria tratta dai motivi presenti nell’opera del filosofo. Molti dei pensieri di Eraclito furono ripresi dagli Stoici, al punto che alcune teorie si confondono.
L’opera di Eraclito venne distinta in tre lógoi (o argomenti): fisico, politico e teologico. Mai chiarito è stato il punto se il tema centrale dello scritto fosse fisico o etico religioso. L’inizio dell’opera, di cui abbiamo buona parte, dimostra che l’intenzione dell’autore era quella di criticare l’incomprensione umana del lógos universale. Dice il frammento I: “Di questo lógos verace gli uomini sono sempre inconsapevoli, sia prima di averlo ascoltato, sia una volta che l’abbiano ascoltato. Tutto avviene infatti secondo questo lógos, ma essi somigliano ad inesperti, pur sperimentando che le parole e i fatti sono tali quali io appunto li espongo con il dividere ciascuna cosa secondo la sua natura e spiegando come stia. Ma agli altri uomini rimane nascosto ciò che fanno da svegli così come dimenticano ciò che fanno dormendo…”.
I filosofi di Mileto avevano evidenziato l'universale dinamismo delle cose che nascono, crescono e muoiono, e del mondo (anzi dei mondi) sottoposto allo stesso processo. Essi avevano pensato che il dinamismo fosse la caratteristica essenziale dello stesso principio (arché), che genera, regge, riassorbe tutte le cose, ma si erano limitati ad evidenziarlo senza portare tale aspetto della realtà ad un adeguato livello tematico. Eraclito fece proprio questo. Il significato delle frasi "Tutto si muove", "tutto scorre" (panta rhei), riportati nei frammenti che ci sono pervenuti è chiaro: nulla resta immobile e fisso, tutto cambia e trasmuta senza eccezione. Da qui la famosa immagine del fiume che è "apparentemente" sempre lo stesso, mentre "in realtà" è costituito da acque sempre nuove e diverse che sopraggiungono e si dileguano. Per tale motivo nella medesima acqua del fiume non si può discendere due volte, quando si dovesse discendere per la seconda volta si troverebbe che altra acqua è sopraggiunta; inoltre anche noi stessi mutiamo, e nell’attimo in cui abbiamo completato l'immersione nel fiume, siamo diventati diversi da quel che eravamo quando ci siamo mossi per immergerci. Per tale motivo Eraclito era solito affermare: che noi entriamo e non entriamo nel medesimo fiume. E aggiungeva anche che noi siamo e non siamo perché, per essere ciò che siamo in un determinato momento, dobbiamo contemporaneamente anche non-essere-più quello che eravamo nel precedente momento, per lo stesso motivo dovremmo, per continuare ad essere, continuamente non-essere-più quello che siamo in ciascun momento. E, secondo Eraclito, questo apparente paradosso vale per ogni realtà senza eccezione.
Ma quanto su affermato costituisce per Eraclito nient’altro che una semplice constatazione di base, buona come punto di partenza per ulteriori scoperte ancora più profonde e ardite. Il divenire da cui tutto dipende e al quale tutto quanto è consegnato, è caratterizzato dal continuo trascorrere da un contrario all'altro: le cose fredde diventano calde e quelle calde diventano fredde, le cose umide si disseccano e quelle secche si inumidiscono, il giovane diventa vecchio, il vivo muore, ma il processo non termina mai perché da ciò che è morto rinasce altra vita giovane, e così via. Appare dunque evidente che fra i contrari che si avvicendano c'è conflitto, guerra perpetua. Quindi ogni cosa ha realtà (esiste) proprio e solo nel divenire, ne deriva che la guerra (fra gli opposti) è essenziale. Tale guerra non va però pensata come uno scontro di nemici ma come una guerra che è, ad un tempo pace, e come un contrasto che è contemporaneamente armonia. È dunque evidente che lo scorrere perpetuo delle cose e il divenire universale altro non sono che armonia di contrari, cioè il perenne pacificarsi di belligeranti, l’eterno conciliarsi di contendenti (e viceversa).
Questa armonia e unità degli opposti è l’origine, il principio, e quindi Dio o il divino, Eraclito esprime tale concetto con la frase: "Il Dio è giorno-notte, è inverno-estate, è guerra-pace, è sazietà-fame".
Una volta determinato la realtà come perenne movimento Eraclito avrebbe identificato come "principio" fondamentale nel fuoco (detto anche lógos) e avrebbe considerato tutte le cose come trasformazioni del fuoco. Va però precisato che l’interpretazione del lógos eracliteo e dei suoi vari aspetti è resa incerta dal fatto che tale dottrina è stata per lo più tramandata dagli stoici, i quali hanno probabilmente modificato l’idea originale sovrapponendo la loro mentalità e i loro interessi di scuola. Pur tuttavia la tradizione ci dice che Eraclito vide nel fuoco la "natura" di tutte le cose perché il fuoco esprime in maniera perfetta le caratteristiche del mutamento continuo, del contrasto e dell'armonia. D’altronde il fuoco è continuamente mobile, è vita che vive della morte della materia che lo alimenta, è continua trasformazione di questa in cenere, in fumo e in vapori, è, come Eraclito afferma del suo Dio, perenne "bisogno e sazietà". Il fuoco è come "fulmine che governa tutte le cose"; e ciò che governa tutte le cose è "intelligenza", è "ragione", è "legge razionale" è "lógos". In tal modo Eraclito associa al principio l'idea di intelligenza, che nei Milesi risultava solo implicita.
In Eraclito sono evidenti numerosi spunti concernenti la verità e la conoscenza. Egli afferma che non bisogna fidarsi dei sensi, perché questi si fermano alle apparenze delle cose. Altrettanta attenzione va posta alle opinioni degli uomini, che sono basate sulle apparenze. La Verità è cogliere, al di là dei sensi, quell'intelligenza che governa tutte le cose. Eraclito volle essere il profeta di tale verità, per questo volle dare alle sue sentenze quel carattere oracolare e scelse di esprimersi con carattere ieratico.
Eraclito diede, nonostante che l’impostazione generale del suo pensiero che lo portasse ad interpretare l'anima come fuoco (e quindi a considerare l'anima saggia come quella più secca e a vedere la dissennatezza nell'umidità) una delle più belle sentenze sull'anima che ci siano pervenute: "I confini dell'anima non li potrai mai trovare, per quanto tu percorra le sue vie; così profondo è il suo logos".
Pur rimanendo la filosofia di Eraclito in un ambito “fisico” essa apre, con l'idea della dimensione infinita dell'anima, uno spiraglio verso qualcosa di ulteriore, e, quindi, di non fisico aprendo in qualche modo alla metafisica. Tale scoperta sembra rimanere solo uno spiraglio, anche se geniale.
Sembra che anche Eraclito abbia accolto alcune idee degli Orfici sulla natura umana, come la credenza che la morte del corpo è vita dell'anima e che esistono castighi e premi dopo la morte.
Riportiamo alcuni dei suoi più noti aforismi:
"Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento si disperde e si raccoglie, viene e va";
"Noi scendiamo e non scendiamo nello stesso fiume, noi stessi siamo e non siamo";
"Ciò che è opposizione si concilia e dalle cose differenti nasce l'armonia più bella, e tutto si genera per via di contrasti";
"Armonia di contrari, come l'armonia dell'arco e della lira";
"La malattia rende dolce la salute, la fame rende dolce la sazietà e la fatica rende dolce il riposo";
"Non si conoscerebbe neppure il nome della giustizia, se non ci fosse l'offesa";
"L'Uno, l'unico saggio, non vuole e vuole essere chiamato Zeus". Questa frase evidenzia la posizione religiosa di Eraclito infatti essa va così interpretata: non vuole essere chiamato Zeus, se con Zeus si intende il Dio dalle forme umane proprio dei Greci; vuole essere chiamato Zeus, se con questo nome si intende il Dio e l'essere supremo;
"Immortali-mortali, mortali-immortali, vivendo la morte di quelli, morendo la vita di quelli";
"Dopo la morte attendono gli uomini cose che essi non sperano e neppure immaginano".

1 commento:

DocEIR ha detto...

vale la pena di leggere